Speciale Elezioni: Perù e Palestina
Iscos Lombardia da anni si impegna con progetti di cooperazione allo sviluppo in Perù e Palestina, paesi che in questo 2021 sono o avrebbero dovuto essere chiamati a eleggere i propri rappresentanti.
In Perù a cinque giorni dal voto sono finalmente state scrutinate tutte le schede elettorali decretando vincitore l’esponente del partito di sinistra Perù Libre, Pedro Castillo, ex insegnante alla sua prima esperienza politica. Lo scarto con la sua avversaria Keiko Fujimori è di poco più di 60.000 voti. Fujimori ha chiesto il riconteggio di oltre 200.000 schede denunciando irregolarità in oltre 800 seggi.
Nel suo programma di governo, il leader di Perù libre ha presentato proposte radicali e avanzate: dalla nazionalizzazione delle risorse strategiche del paese alla rinegoziazione di tutti i contratti sottoscritti con le transnazionali, dall’eliminazione del sistema di fondi pensione privati all’aumento del bilancio per l’educazione dal 3,5 al 10% del Pil, fino all’elezione popolare dei giudici del Tribunale costituzionale.
Castillo si è pronunciato con forza a favore di un’Assemblea costituente per superare la Costituzione fujimorista del 1993 che, ha detto, «ha soppresso i diritti e saccheggiato il paese», ed elaborarne una nuova «che abbia colore, odore e sapore di popolo».
Keiko Fujimori, figlia dell’ex presidente Alberto Fujimori che ha governato in modo autoritario il Perù dal 1990 al 2000, è la leader del partito populista di destra Forza Popolare. Fujimori è già stata condannata per corruzione e rischia fino a 16 anni di carcere, pena che verrebbe sospesa in caso di sua elezione.
Gli osservatori internazionali non hanno rilevato nessuna anomalia nel processo elettorale che ha rispettato gli standard nazionali e internazionali, ma sarà la Giuria nazionale per le Elezioni, l’organo più alto che in Perù controlla i processi elettorali a verificare le schede contestate e comunicare il risultato effettivo delle elezioni. Il Paese resta al momento uno dei più colpiti dalla pandemia di Covid19.
I palestinesi, invece, si sarebbero dovuti recare ai seggi il 22 maggio e il 31 luglio per la prima volta in quindici anni, ma la provocazione di fanatici coloni israeliani di marciare sulla città vecchia gridando “morte agli arabi”, seguita della decisione di impedire ai palestinesi di raggiungere la Spianata della Moschea per la preghiera del Ramadan, il viatico concesso ai coloni di espellere i palestinesi dalle loro case in molti quartieri di Gerusalemme Est e specialmente a Sheik Jarrah, ha determinato l’ennesima ondata di violenza nella città di Gerusalemme, estesasi immediatamente in altre città israeliane e palestinesi, i lanci di missili dalla Striscia di Gaza e la conseguente azione militare israeliana.
La decisione di sospendere e rinviare le elezioni è una conseguenza diretta dello stato di debolezza e di precarietà giuridica in cui vive la popolazione palestinese, apolide e sotto occupazione.
Il comportamento del governo israeliano è stato chiaramente ostile allo svolgimento delle elezioni, dal rifiuto della missione del Parlamento europeo, agli arresti dei candidati e al divieto di qualsiasi attività elettorale a Gerusalemme Est, in violazione degli accordi di Oslo ancor oggi in vigore, e riferimento legale per regolare il processo elettorale nel territorio palestinese; Cisgiordania, Gerusalemme Est e Striscia di Gaza israeliana.
Tutto ciò, dimostra quanto sia indispensabile che le Nazioni Unite, l’Unione Europea e gli Stati nazionali non si fermino alle dichiarazioni di condanna ed al richiamo alle parti di fermare la violenza, ma che prendano posizione per eliminare le cause che provocano la violenza e l’ingiustizia che subisce il popolo palestinese e, di rimando anche la popolazione israeliana.
Insieme alle 35 organizzazioni della Piattaforma delle ONG Italiane in Mediterraneo e Medio Oriente di cui facciamo parte come Iscos, abbiamo dato il via alla campagna #InsiemePerLaPalestina. Una raccolta fondi comune per garantire acqua potabile, cibo, sangue, medicine, equipaggiamenti e generi di prima necessità.
Con la rete di Solidar siamo invece in prima linea per il lancio e la diffusione della campagna di raccolta firme per il riconoscimento dello stato palestinese.