BANGLADESH: COS’E’ CAMBIATO DOPO IL RANA PLAZA?

Istituto Sindacale per la COoperazione allo Sviluppo

BANGLADESH: COS’E’ CAMBIATO DOPO IL RANA PLAZA?

A due mesi dal crollo del Rana Plaza, in cui sono morti 1127 lavoratori, in gran parte donne, impiegati in diverse aziende tessili che avevano sede nella struttura, è cambiato qualcosa in Bangladesh per i lavoratori? 

Il 24 aprile scorso a Savar, un sobborgo di Dacca, capitale del Bangladesh, un edificio di 8 piani, il Rana Plaza, è crollato. Le ricerche dei superstiti sono terminate il 13 maggio con un bilancio di 1.127 morti. Il Rana Plaza ospitava diverse fabbriche tessili, oltre a una banca e ad altri esercizi commerciali. Il giorno prima, il 23 aprile, i negozi e la banca del pianterreno erano stati chiusi per la presenza di segni di cedimento nella struttura, ma gli operai erano stati convinti a ritornare al posto di lavoro. La tragedia si è consumata il giorno dopo durante l’orario di punta.
Dopo questa tragedia, diverse aziende internazionali, che hanno ammesso, dopo il ritrovamento delle loro etichette tra le macerie, di produrre al Rana Plaza, hanno deciso di firmare l’accordo l’accordo per la sicurezza e la prevenzione degli incendi in Bangladesh promosso nell’ambito della campagna internazionale Abiti Puliti. Tra le aziende che hanno firmato l’accordo ci sono, tra le altre, Benetton, H&M, Inditex, PVH, Tchibo, Primark, Tesco, C&A, Hess Natur.

Dal punto di vista delle tutele dei lavoratori, vanno poi evidenziati altri due aspetti. In Bangladesh, in media, un lavoratore del settore tessile viene pagato tra i 40 e gli 80 dollari al mese, contro i più di 200 dei lavoratori cinesi o 100 – 150 dei lavoratori del Vietnam. Inoltre, la mancata tutela dei più elementari diritti sindacali ha portato gli Stati Uniti a sospendere le concessioni commerciali a favore del Bangladesh. Dopo anni di riflessione (è dal 2007 che è in atto il dibattito) gli Stati Uniti hanno deciso di sospendere i privilegi commerciali concessi al Bangladesh in virtù del Sistema di preferenze generalizzate, dal momento che si tratta di un Paese in cui i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici non sono tutelati e dove in alcune aree del Paese i sindacati non sono ammessi e chi richiede diritti viene minacciato e aggredito.
Sharan Burrow, Segretario generale dell’ITUC, si è complimentata con gli Stati Uniti per il forte segnale dato, dichiarando che “Questa decisione tanto attesa è un passo importante per i diritti dei lavoratori, in quanto trasmette un messaggio forte a tutti governi e agli imprenditori: non si tollererà più che si violino i diritti fondamentali dei lavoratori in un Paese che pretende di essere protagonista sulla scena economica mondiale”.

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