Istruzione in Afghanistan: donne sempre più escluse dai percorsi formativi

Istituto Sindacale per la COoperazione allo Sviluppo

Istruzione in Afghanistan: donne sempre più escluse dai percorsi formativi

Si è tenuto nei giorni scorsi il webinar “Education in Afghanistan” in cui si è dibattuta ed analizzata la situazione attuale nel Paese con un focus rispetto all’istruzione, fortemente compromessa dalla situazione di caos che a partire dal maggio dello scorso anno si è radicata nel paese in seguito all’attacco dei talebani contro il governo.

Come ha affermato Abdul Jalal, esponente di un’organizzazione della società civile afghana intervenuto al dibattito “Nel 2021 tutto il mondo ha potuto vedere una caduta, che ha portato ad una crisi che sta andando in crescendo. Tutto si è fermato e tutto sembra essere governato dal caos”.

L’istruzione, in realtà, è stata presa sotto attacco già da vent’anni a questa parte. “Solo nel 2020 ci sono stati 535 attacchi a luoghi dedicati allo studio e all’istruzione” ha spiegato Jala. “In vent’anni sono stati costruiti circa 18.000 istituti scolastici e circa 126 università che ora sono chiuse. Infatti, molti studenti universitari hanno chiesto permesso di studio in Iraq o in altri Paesi in modo da poter continuare il loro percorso”.

Quello che si può notare è come, nel nuovo piano economico delineato dai talebani, non ci sia nessun fondo dedicato alla scuola. Anche per questo più di 800 organizzazioni stanno lavorando e collaborando per garantire il rispetto dei diritti umani in Afghanistan, e per dare sostegno a quelle persone che non sono riuscite a lasciare il Paese.

Arianna Briganti, vice presidente di Nove onlus, ha preso parte al webinar sottolineando come le donne siano la categoria più colpita da questa crisi e dalla mancanza di istruzione: “A molte donne vengono negati i diritti allo studio e al lavoro, e per questo abbiamo creato il progetto Women in business HUB aprendo un centro di formazione gratuita a Kabul, che dal 2014 al 2020 ha aiutato più di 2.500 donne afghane”.

Altra questione importante per Nove onlus è quella dello sport, anche in relazione ai disabili, perché attraverso l’attività sportiva trovano uno scopo e una loro dimensione. Questo è da sottolineare perché, come spiega Briganti: “In Afghanistan se hai una disabilità o una problematica sei considerato meno di un essere umano. Lo sport può essere simbolo di identità e rinascita”.

Come sottolineato durante il dibattito, i tre grandi problemi legati alle donne afghane sono l’ analfabetismo, il matrimonio in età precoce e la disoccupazione.

“Per vent’anni c’è stata la speranza che la situazione potesse cambiare per le donne. Nel 2015 ha addirittura preso vita il primo corso di studi di genere sulle donne all’Università di Kabul. Negli ultimi mesi, invece, sono stati tolti tutti i diritti alle donne e questo ha peggiorato la divisione e disparità tra i due sessi”.

In Afghanistan si sta dunque compiendo una guerra sottile all’istruzione che danneggia soprattutto le donne, escluse da qualsiasi possibilità di accesso e di inclusione a percorsi formativi.

Grazie alla cooperazione internazionale, sono molte le organizzazioni impegnate in questo campo sia con azioni concrete in loco che con l’importante attività di sensibilizzazione e diffusione delle informazioni.

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