Birmania, continua la fuga dei Rohingya
Barconi e profughi non riguardano solo il Mediterraneo. Sono oltre 380mila i Rohingya che in meno di tre settimane sono arrivati in gruppo sulle rive del fiume Naf a bordo di piccoli pescherecci per lasciare la Birmania alla volta del Bangladesh.
Le barche ondeggiano perché persino dieci persone sono troppe. In tanti muoiono durante la traversata. A trasportarli sono barcaioli bangladesi che hanno scovato una nicchia redditizia in questo angolo di mondo. Anche qui si cerca di far cassa sulla pelle delle persone: diecimila taka (circa 100 euro) il prezzo richiesto a ciascun rohingya portato da Rakhine in Birmania a Teknaf. La minoranza musulmana, che il Paese buddista non riconosce ufficialmente e accusa di terrorismo, è costretta ad abbandonare il paese per salvarsi e sottrarsi alle violenze.L’11 settembre l’Alto Commissariato per i diritti umani dell’Onu ha lanciato gravi accuse alle autorità birmane perché il governo, guidato da Aung San Suu Kyi, non solo non fa nulla per fermare l’esercito ma non ammette nemmeno indagini da parte delle autorità esterne rendendo impossibile avere un quadro completo e preciso sulla situazione. A criticare le autorità birmane ci sono numerose nazioni come la Turchia, l’Arabia Saudita, il Pakistan, la Malesia e diverse organizzazioni islamiche.