TTIP, che cos’è?

Il 10 ottobre scorso a Berlino si è svolta una grossa manifestazione (200 mila persone) di opposizione al TTIP. Ma che cos’è il TTIP? Cosa prevede? Perché è contestato?
Il TTIP è l’acronimo di Transatlantic Trade and Investment Partnership, ovvero un accordo di libero scambio tra Stati Uniti ed Europa. Se approvato, il TTIP creerebbe la più grande zona di libero scambio del pianeta in quanto le controparti (USA e UE) contano circa la metà del PIL mondiale.
L’obiettivo di questo accordo è quello di facilitare il commercio tra le due aree riducendo i dazi doganali e le barriere non tariffarie, come ad esempio differenze in regolamenti tecnici, norme e procedure di omologazione, standard applicati ai prodotti, regole sanitarie e fitosanitarie. Questo permetterebbe anche un più facile flusso di investimenti e l’accesso agli appalti pubblici.
I promotori sostengono che questo accordo porterebbe crescita economica e occupazionale tra gli stati aderenti. Ma non tutti sono d’accordo. Infatti molte organizzazioni della società civile hanno posizioni molto critiche sull’accordo e su quello che potrebbe comportare.
- In primis viene contestato il metodo con cui si sono portate avanti le trattative (a porte chiuse);
- è poi mancato il coinvolgimento della società civile nella discussione dell’accordo che quindi subirebbe le conseguenze senza avere voce in capitolo;
- viene poi denunciato il solo interesse delle multinazionali che farebbero pressioni sugli stati per l’approvazione dell’accordo che spianerebbe loro il mercato senza tenere conto i diritti dei consumatori;
- ma il punto più controverso è quello della soluzione delle controversie tramite ISDS (v.sotto).
L’inizio delle trattative risale al 2013, ma le ultime notizie a riguardo sono del 8 luglio 2015. In quella data infatti il Parlamento Europeo ha votato a favore del proseguimento del negoziato ponendo però dei vincoli/raccomandazioni.
Il punto più rilevante riguarda la costituzione dell’ISDS (Investor-state dispute settlement), che è il meccanismo di risoluzione delle controversie tra investitori e stato, con un nuovo sistema per garantire che le questioni siano trattate in modo trasparente da giudici professionisti e indipendenti. Sono infatti molteplici i casi in cui aziende multinazionali fanno ricorso agli Stati per alcune leggi emanate che andrebbero a ridurre i loro guadagni, ponendo quindi in primo piano gli interessi economici aziendali alle decisioni politiche degli Stati e alla sovranità di questi ultimi.
È del 5 ottobre invece la notizia di un accordo finale trovato tra i paesi che si affacciano sul pacifico, il Trans Pacific Partnership (TPP), che sembra essere un trattato speculare al TTIP sull’altro oceano. Di questo accordo farebbero parte, ad ora, Stati Uniti, Australia, Brunei, Canada, Cile, Giappone, Malesia, Messico, Nuova Zelanda, Perù, Singapore e Vietnam, comprendendo circa il 40% dell’economia mondiale.
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