L’ONU RICONOSCE LA PALESTINA COME STATO OSSERVATORE NON MEMBRO

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L’ONU RICONOSCE LA PALESTINA COME STATO OSSERVATORE NON MEMBRO

Giovedì 29 novembre l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha riconosciuto con 138 sì, 9 no e 41 astenuti la Palestina come Stato osservatore non membro. In tutta risposta, Israele ha annunciato la costruzione di 3000 nuovi alloggi per i coloni in Cisgiordania e a Gerusalemme Est (la parte araba).
Ma cosa cambia davvero dopo questo voto?

Sicuramente giovedì 29 novembre 2012 diventerà una data storica, perché per la prima volta la Palestina viene riconosciuta come entità statuale (anche se non ufficialmente) da un organo delle Nazioni Unite. Questo però non significa che sia più vicina la creazione di uno stato Palestinese; uno Stato osservatore non membro, potrebbe fare richiesta per aderire all’Onu come Stato membro a tutti gli effetti, ma per poter ottenere questo riconoscimento deve avere l’approvazione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu. E proprio qui sta il problema. Tra i 9 Paesi che hanno votato no alla mozione, ci sono anche gli Stati Uniti (oltre naturalmente a Israele, Canada, Repubblica Ceca e altri piccoli Stati dell’Oceania), che hanno il diritto di veto in seno al Consiglio di sicurezza e che quindi hanno già annunciato il loro no ad una eventuale richiesta di riconoscimento formale dello Stato di Palestina (come per altro già fatto lo scorso anno).

Quindi questo voto è solo simbolico o può davvero portare a qualche cambiamento tangibile?
Sicuramente il passaggio di status, da entità osservatrice (come per esempio la Croce Rossa Internazionale) a Stato osservatore non membro (come il Vaticano) porta con sé anche dei cambiamenti giuridici reali, in quanto con questo nuovo status la Palestina potrà partecipare ai dibattiti dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite (senza però avere diritto di voto), ma soprattutto potrà fare ricorso alla Corte penale internazionale. Abu Mazen, leader dell’Autorità Nazionale Palestinese e promotore della risoluzione all’ONU, ha dichiarato che la Palestina non si appellerà subito alla Corte penale Internazionale per gli insediamenti colonici israeliani in Cisgiordania, ma dopo la decisione di Israele di costruire nuove colonie e di bloccare il trasferimento di tasse raccolte da Israele per l’Autorita’ nazionale palestinese, in seguito al voto dell’Onu sulla Palestina, (secondo i media si tratta di circa 92 milioni di euro che dovevano essere trasferiti questo mese all’Anp), non è escluso che le cose possano cambiare.

Sicuramente questo voto, che ha visto tra l’altro i Paesi dell’Unione Europea ancora una volta incapaci di trovare una linea comune in politica estera, con Germania e Gran Bretagna che si sono astenuti e Francia, Spagna e Italia che invece hanno votato a favore (viene un po’ spontaneo chiedersi che ruolo abbia la commissaria per gli affari esteri Ashton), non porterà nel breve periodo a cambiamenti reali. Infatti, come dimostrano le prime reazioni del governo israeliano, c’è stata un ulteriore irrigidimento da parte del governo guidato da Benjamin Netanyahu (che tra l’altro, secondo quasi tutti i sondaggi, si appresta a vincere con la sua coalizione le prossime elezioni politiche previste per il 22 gennaio). Ma c’è un altro aspetto molto importante che pesa enormemente sulla possibilità di ripresa di veri colloqui di pace tra le parti, e cioè il rapporto tra Hamas e l’Autorità nazionale palestinese. Infatti la fazione moderata dei palestinesi, l’Anp guidata da Abu Mazen, controlla di fatto solo alcune parti della Cisgiordania (dove tra l’altro, anche Iscos Lombardia ha portato avanti piccoli interventi negli anni passati), mentre la Striscia di Gaza, l’altro territorio palestinese, è controllato interamente da Hamas, che invece non ha alcuna intenzione (almeno fino ad oggi) di riconoscere ufficialmente Israele e che lo ha combattuto solo pochi giorni fa.

In definitiva, questo voto all’Onu sulla questione Palestina, almeno per il breve periodo, rischia di essere più simbolico che reale, se non ci sarà una vera volontà di tutte le parti coinvolte (Israele, Anp, Hamas e Stati Uniti, che mantengono di fatto un ruolo ancora fondamentale nella questione e negli equilibri di forza tra la varie parti) di trovare una reale soluzione stabile e duratura.
La soluzione della creazione e convivenza di due Stati è ormai l’esito inevitabile della questione; rimane da capire come e in quanto tempo si arriverà a questa soluzione, visto che sono passati esattamente 65 anni (29 novembre 1947) dalla prima risoluzione dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite che per la prima volta parlava della creazione di due Stati, uno Israeliano e uno Palestinese nella regione.
Speriamo solo che non ne servano altrettanti per vedere finalmente una pace stabile e duratura in Medio Oriente.

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